sabato 22 ottobre 2016

PERCHE' NON AVREI DATO IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA A BOB DYLAN

Premessa di dovere: sono un fan sfegatato di Bob Dylan. 
Assieme a Vasco Rossi, Edoardo Bennato e Bruce Springsteen (ed a una decina di altri strepitosi cantautori ed interpreti, italiani e non) sono stati e sono la colonna sonora della mia eterna adolescenza con le loro canzoni. 
Canzoni, appunto. Non romanzi, poesie, racconti, epigrammi... Canzoni. Memorabili, uniche, epocali. Liricissime, che ti entrano nel sangue. Ma canzoni. Che significa un insieme di una parte vocale (testo, ma non necessariamente), e di una parte strumentale e/o acustica (che significa musica ma non necessariamente). Il testo può mancare, ci possono essere espressioni onomatopeiche, lazzi, frizzi e smorfie, rumori ed effetti sonori possono sostituire gli strumenti classici o elettronici.
Tempo fa ho letto un articolo di Umberto Eco intitolato “Perché non avremmo mandato Dante in cattedra”. Spiegava, in modo sottilmente umoristico, il perché Dante non avrebbe mai potuto essere un buon docente universitario. Sulle prime mi ero arrabbiato, poi ho capito. Umberto Eco spiegava che, al di là del genio del personaggio, era essenziale valutarlo con i criteri propri e funzionali della cattedra di insegnamento. In una parola, vale il rispetto delle regole del gioco. Di quel gioco. Non applicarle significa alterare il gioco, barare o, comunque, snaturarne l'essenza. 
Il premio a Dylan chiamatelo come volete “al cantautore del secolo”, “al maggiore interprete musicale della protesta americana”, “al musicista rocchettaro più intenso e profondo”, al “rivoluzionario impenitente”, ma non chiamatelo “letteratura”.
In un concorso “letterario” (appunto) se il bando richiede una poesia, non posso partecipare con un romanzo. Se richiede un giallo non posso presentarmi con una storia d'amore. Se vogliono un testo teatrale non posso presentarmi con una raccolta di aforismi. Tutto è letteratura, ma vi sono forme e contenuti diversi. E' questione di regole e di rispetto, ma, forse e sopratutto, di lealtà.
Ci sono poi premi e concorsi con sezioni riservate a “canzoni” e musica. Per l'appunto. E ci sono i concorsi musicali. Ai quali, evidentemente, non è possibile partecipare con un romanzo o con una poesia. Ma solo con una canzone o con una composizione musicale. Come è giusto che sia.
E questo al di là del messaggio contenuto nel testo o dell'armonia dei versi.
La musica è musica, la letteratura è letteratura, musica e letteratura assieme possono formare la canzone, che non è solo musica e non è letteratura.
Bob Dylan è uno dei grandi del nostro tempo. Con una fama ed un successo strameritati. Le sue canzoni hanno fatto e fanno vibrare le corde dei nostri cuori. Ma la sua canzone non è "letteratura" nel senso stretto del termine ed anche se viviamo in un'epoca multimediale. 
E penso che lui stesso, all'atto del Nobel, avrà pensato ai tanti poeti e scrittori, magari misconosciuti, magari in paesi sottosviluppati, magari oppressi da regimi totalitari e da censure draconiane e violente, che, con la loro penna in mano o la tastiera sotto le dita cercano, si sforzano, giorno dopo giorno, di dare testimonianza del loro tempo, di dare voce alla loro gente, di fare – nel loro piccolo – una rivoluzione del quotidiano, di lasciare un'impronta della loro umanità. 
Con le loro poesie. Con i loro racconti. 
Accompagnati, perché no?, (stavolta ci sta) con la musica dell'anima.
E credetemi: ognuno di loro meriterebbe il Nobel.

By Michele Barbera  

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