domenica 26 maggio 2013

IL PIACERE DI LEGGERE: ANONIMO SICILIANO “PER UNO STRANO TITOLO NOBILIARE”




Sono un bibliofilo. Ovviamente. Indubitabilmente. Laddove il termine, nella sua forse più esasperata accezione, indica la passione per l’oggetto, il libro, inteso proprio come oggetto fisico in sé. La mia biblioteca ha superato brillantemente prove ardue ed estreme come tre traslochi e l’infanzia delle mie tre figlie che, nell’età dell’innocenza, si sono abbattute come un tornado sulla integrità dei miei testi. Aggiungerei, a mò di chiosa, che non c’è niente di meglio che tre figlie vivaci per insegnare ad un uomo, meglio di ogni arguta ed ascetica predica, il distacco dai beni terreni. Lo possono testimoniare i miei (ex) DVD, i miei (ex) libri, e quant’altro di “ex” potevo avere collezionato ed accumulato per la soddisfazione dei miei sensi. 
Ma torniamo ai libri (superstiti). Dicevo che i miei libri rifuggono da ogni catalogazione se non per una sommaria aggregazione per autori e per generi. Così, sono costretto, ogni volta che cerco un testo, a vagabondare per gli scaffali. Direbbe il Poeta che il naufragare in questo mar, m’è dolce. 
In una di queste navigazioni “a vista”, mi sono ritrovato fra le mani il romanzo “Per uno strano titolo nobiliare” scritto da un Anonimo Siciliano. L’edizione è del 1997. Comincio a sfogliarlo e mi appassiona. Lo leggo d'un fiato. Lo stile è quello che definisco affabulatorio, che ammicca al lettore, piano, scorrevole, a volte ridondante e non esente da puntate intimistiche. Il piano di lettura è sfalsato: parti narrative e pagine di diario si alternano ed, a volte si sovrappongono. Mi piace perché narra, come solo chi ha vissuto può narrare, Palermo, la sua vita, i suoi tic, gli stereotipi in un’epoca, anni cinquanta, in cui ancora non si sono rimarginate le ferite dolorose del fascismo e della guerra. Il romanzo è incentrato sulla scomparsa di un giovane della Palermo-bene, al centro di uno strano vortice sentimentale. Sulla scomparsa indaga una strana squadra composta da poliziotti-personaggi diversissimi tra loro e quasi contrapposti. La trama è ricca di citazione dotte, che fanno propendere per un sostrato culturale “ricco” da parte del nostro Anonimo. Che augurarvi di più se non una buona e gradevole lettura?
By M. 

giovedì 16 maggio 2013

L’INFERNO DI DAN BROWN E I TORMENTI DELLA LETTERATURA







Nulla di nuovo, direbbe qualcuno. 
L’ultra-propagandato, reclamizzato, attorcigliato e temuto “colossal-book” di Dan Brown è arrivato. Puntuale. Micidiale. Stavolta, dopo aver torturato Leonardo, l’Opus Dei, la Massoneria, il Vangelo, i ghiacci polari se la prende (scusate ma mi sembra proprio il caso di dirlo) con Dante e la Divina Commedia.
Non mi fa paura né ribrezzo questo. 
Quel che mi preoccupa (e giustamente credetemi) è la festa e le celebrazioni che a Firenze ed in ogni dove stanno preparando al mega-lodato autore (manca poco che gli conferiscono la laurea honoris causa).  
Uno che sta appeso a testa in giù (detto da lui, ipse dixit) quando gli subentra il “blocco dello scrittore”. E forse qualcosa di anomalo o di storto gli rimane in quella scrittura. Non per niente l’Inferno comincia con l’amnesia del protagonista.
Premesso: io di Dan Brown ho letto il primo libro, il secondo libro, il terzo no. Non ce l’ho fatta. Non che mi dispiaccia il genere “fumettone” con cui certi scrittori americani dipingono la trama ( o plot che dir si voglia), né gli scarsamente credibili colpi “ad effetto” che ogni tanto rilasciano per sollevare l’attenzione del lettore.
Ma se qui in Italia, il dibattito ferve fra coloro che esigono (e forse a ragione) un discrimine tra letteratura in senso proprio e “narrativa” in senso lato, mi spiegate il favore che sta riscuotendo  anche tra certa critica piaggiona l’Inferno di Dan Brown che dei rigidi canoni propugnati dalla letteratura non  risponde neanche ad uno e sembra solo l’ennesima “presceneggiatura” del solito action movie di stampo (stampo, proprio così, ché li fanno in serie!) americano?
Che le persone leggano Brown non mi fa né caldo né freddo. Ognuno beve coca cola e champagne. DE gustibus non disputandum est.
Ma, per favore, ci sono bollicine e bollicine.  
E i sommeliers dovrebbero sapere distinguere.
By M.